Storia

Nel suo volume Bernardo di Candida Gonzaga scrive che molte antiche et honorate memorie di que' della Candida sono riportate nel mortuale della Chiesa di S. Spirito di Benevento. In questo registro delle personalità defunte e lì sepolte, si fa menzione di Finizia, moglie del Giudice Pietro della Candida, giudice assessore presso lo straticò di Salerno, di Giordano e di Giacomo della Candida, di Caropresa, moglie del giudice Gregorio della Candida e di Anibale della Candida morto nel 1281.

Giordano Filangieri, nato tra il 1195 e il 1200 dal feudatario di Nocera Giordano e da Oranpiasa, nominato imperialis marescalcus, come si legge in un privilegio emesso nel marzo del 1232 da Federico II di Svevia a favore dei Veneziani, sposò nel 1234 la sorella di Alduino de Candida, il quale nel testamento redatto a Foggia nel novembre dello stesso anno gli concesse i feudi di Candida e Lapio. Tali feudi avrebbero costituito il nucleo dei possedimenti irpini della famiglia Filangieri. Alla morte di Giordano, il feudo di Candida toccò in eredità al figlio Aldoino, dal quale prese nome il ramo dei Filangieri di Candida. Per il matrimonio con Giordana di Tricarico, della famiglia [Sanseverino (famiglia)|Sanseverino], Aldoino accrebbe il suo patrimonio ricevendo i feudi di Solofra e di Abriola.
Per la grande considerazione che i Filangieri di Candida avevano presso la corte di Federico II, Candida fu elevata ad Universitas, cioè in Comune, con il diritto di tenere adunanze partecipate da tutti i cittadini e gli uffici per l’amministrazione della giustizia civile e militare.

Alcuni documenti dei Registri Angioni attestano e avvalorano l'idea che Candida godeva, oltreché di buon prestigio, anche di un'elevata floridezza e vivacità economica e civile. Infatti, in alcune carte si concede all'università di tenere fiere in occasioni di particolari ricorrenze. Nel giugno del 1277, ad esempio, si dà ordine all'università di Candida di non indire alcuna fiera, pena il pagamento di una multa di 100 once. Mentre con un documento del 7 aprile del 1296 si concede, a seguito della richiesta di Riccardo Filangieri, … in quella terra di tenere una fiera nella festa di S. Angelo, vale a dire la festa di S. Michele Arcangelo, l'8 maggio.
Nel 1330 Filippo Filangieri entrò nel governo del feudo e nel 1340, raccogliendo i centri di Arianiello, Parolise, Salza Irpina, S. Potito, Salsola, Manocalzati, S. Barbato e Pratola Serra, costituì la Baronia di Candida.

la torre quadrata del castello Filsngieri a Candida, sec. xiiCiò favorì lo sviluppo demografico ed edilizio del borgo nonché una forte espansione economica soprattutto con la lavorazione del ferro, essenzialmente chiodi. Ancora oggi gli abitanti di Candida sono chiamati ‘i chiovaruli da Canneta (i chiodaroli di Candida). Il prestigio della casata dei Filangieri e la floridezza della baronia spinsero Filippo a sostenere un incremento edilizio che meglio esprimesse le magnificenze della sua signoria. Nel 1366 finanziò la costruzione di un importante complesso monastico, affidato ai frati agostiniani, composto da un convento e dalla chiesa della SS. Trinità. La chiesa, in stile gotico, divenne la cappella gentilizia della famiglia Filangieri, raccogliendo le spoglie dello stesso Filippo morto il 15 febbraio 1372.

La decisione di Giovanna II d'Angiò di sottrarre la contea di Avellino ai Filangieri in favore di Sergianni Caracciolo, favorito della regina, indusse il barone di Candida Filippo, detto ’o prevete, nipote del fondatore della Baronia, a prendere le armi per risolvere la controversia. Nel 1426, Filippo a capo di una truppa composta da 500 soldati assediò e assaltò il castello di Montemiletto. L’azione rapida e ben congegnata gli permise di occupare il fortino e trarre prigioniero il fratello di Sergianni. Questi, a capo di un distaccamento militare inviato dalla regina, pose d’assedio la terra di Candida. Filippo, per far recedere le milizie dalle posizioni assunte, appiccò il fuoco ad alcune case, ma i suoi soldati, a causa del forte vento, non furono in grado di controllare le fiamme. Il fuoco bruciò gran parte del paese e fece morire carbonizzati molti uomini, donne e bambini distruggendo molte case con i loro beni; ciò portò alla devastazione del borgo fino a lambire lo stesso castello. Filippo Filangieri fu costretto, perciò, alla resa senza condizioni.
Nuova signora di Candida divenne Caterina Filangieri, moglie di Sergianni che si rese promotrice della costruzione del palazzo baronale e della costruzione del monastero della Concezione di Candida dei monaci della Abbazia territoriale di Montevergine stipulando un contratto di enfiteusi con il priore Lanzillo de Salza.

Nel 1513 Maria de Cardona divenne la nuova baronessa di Candida. Donna di grande cultura e di molta pietà cristiana, la marchesa de Cardona fece restaurare la chiesa agostiniana e si impegnò per la costruzione di una nuova …ecclesia intitulata Santa Maria Maggiore con titulo de arceprevetarato…, chiesa che sostituisse quella stretta e scomoda situata a ridosso della torre campanaria, …parimenti antica e di male architettata costruzione….
Successivamente il feudo fu posseduto dal genovese Niccolò Grimandi, da Nicolò Doria e da Andrea Leone. Nel 1581 il feudo fu venduto a Bendillo Saulli, per 77562 ducati, 4 tarì e 12 grani. Nel 1590 fu ceduto dal demanio reale a Vittoria de Sangro, marchesa di Montefalcione, che l’anno successivo vendette la baronia a Lucrezia Moscato, moglie di Giovan Battista Magnacervo feudatario di Pulcarino, l’odierna Villanova del Battista. Il feudatario di Montefalcione trattenne però nelle sue pertinenze metà del molino di Candida. Il 5 dicembre del 1691 i discendendi del barone Giovan Battista vendettero, per 22000 ducati, le terre di Candida a Francesco Marino Caracciolo, principe di Avellino e gran cancelliere perpetuo del regno. Il feudo di Candida entrò a far parte del principato di Avellino. Il feudo di Candida restò legato alla famiglia Caracciolo fino all’eversione della feudalità avvenuta nel 1806. Il principe Giovanni Caracciolo fu l’ultimo signore feudatario di Candida.

Uomini Illustri
Barbato Fervato, XVI secolo, abate di Montevergine;
Anselmo Toppi, vescovo di Termoli;
Domenico Cutilli, 1771-1856, docente dell’Università di Napoli.

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